venerdì 27 agosto 2010

Freud e Bach: due approcci diversi al mondo delle emozioni




Il periodo storico dal 1916 al 1936 è un periodo fecondo di idee e di studi. Nel campo della psicologia, dall’inizio del ‘900 Freud comincia a formulare la sua nuova teoria delle dinamiche mentali e scrive nel 1905 la prima edizione de i “I tre saggi della Teoria Sessuale”, nel 1916-17 “Introduzione alla Psicoanalisi”, nel 1926 “Inibizione, sintomo e angoscia”.
Nel corso dei suoi studi egli definisce le emozioni come stati complessi soggetti a rimozione, spostamento, distorsione e modificazioni, conoscibili solo attraverso inferenza ovvero l’osservazione di comportamenti, sogni, atti mancati ecc. Egli attribuisce, invece, alle pulsioni la funzione di spinta energetica dell’apparato psichico. La pulsione è definita come una spinta energetica che fa tendere l’organismo verso una meta. La non chiara fonte di questo processo è di origine organica, fisico-chimica, inaccessibile alla psicologia e per lo più rimane sconosciuta. La teoria delle pulsioni in Freud rimane sempre dualista e con questa modalità egli definirà due tipi fondamentali di pulsioni, quella della vita e quella della morte, come principi fondamentali che regolano in ultima analisi, l’attività.
Quindi il discorso “emozione” rimane sullo sfondo. Egli preferisce attribuire a questa sua creazione, “la pulsione” da cui tutto deriva, la spinta energetica dell’apparato psichico.
Dal 1916 al 1936 Freud e Cannon con i loro studi danno un notevole contributo alla scienza dell’Anima. La cosa ancora più sorprendente e che in questo periodo troviamo anche gli studi di E. Bach che semplicemente, delicatamente, gentilmente sperimenta l’effetto dei fiori sulle malattie dei suoi pazienti. Egli in questi stessi anni costruisce e definisce la sua teoria attribuendo allo stato mentale l’origine del disagio e ad alcune emozioni, sentimenti e stati d’animo, la causa delle malattie.
Scrive lo stesso Bach in “Libera te stesso”: “così nelle cose più importanti il corpo rispecchia le vere cause della malattia (che sono ad esempio paura, indecisione, dubbio ecc.) nel disordine dei suoi apparati e tessuti. Malattia è quindi il risultato di interferenza: interferire con qualcun altro o permettere che gli altri interferiscano con noi”. Il Dott. Bach si distingue, come scrive Ellis Barker negli anni trenta, perché “le sue affermazioni sono sconcertanti”. Fautore dell’unicità dell’individuo, questo genio della medicina olistica il 24 settembre 1936, durante una conferenza a Wollingford così incita i medici a curare i propri pazienti secondo la loro unicità:
“Una volta ancora, siatene del tutto certi che, se ci stiamo indebolendo, o non siamo del tutto noi stessi, se stiamo cercando di prevenire una malattia - che sia una breve o lunga malattia – il principio è lo stesso: curate il paziente secondo lo stato d’animo, secondo il carattere, l’individualità, e non potete sbagliare”.