mercoledì 10 settembre 2008

SANA 2008


Alcune di noi sabato prossimo 13 settembre si ritroveranno al SANA 2008.

Oltre al piacere di incontrarci sarà l'occasione per fare una nuova esperienza con altri colleghi e aziende che credono come noi in uno stile di vita orientato al Ben Essere.

Mi auguro che anche chi è ancora indeciso possa unirsi a noi!


martedì 2 settembre 2008

I motivi per praticare il Buddismo



Guarigione e sofferenza sono un perno di manovra delle ricerche di tantissimi uomini e donne che hanno dedicato la propria vita a capire....coltivare ...e praticare. Propongo un bellissimo brano tratto dal libro “Il buddismo di Nichiren Daishonin profilo storico e principi fondamentali” editoriale Esperia. 1997 pag. 74-77......con l'augurio a tutti di raggiungere lo stato della nona coscienza.... bypassando il finito per essere un tutt'uno con l'infinito. Sai Ram.
Le nove coscienze
“Il corpo è il palazzo della nona coscienza, l’immutabile realtà che regna su tutte le funzioni della vita. (Il vero aspetto del Gohonzon”)
Se tutti i fenomeni scaturiscono da un’unica mente, perché la realtà presenta una struttura non omogenea e uniforme? I fenomeni hanno colori, emettono suoni, odori, sapori. Anche la mente deve quindi possedere molteplici livelli che rendano conto di questa complessità. In sanscrito la capacità di discernete i diversi aspetti del mondo fenomenico e detta coscienza (vijirnana, dalla radice jna che significa conoscere). Quindi la mente è costituita da diverse coscienze. Quante ?
La tradizione hinayana ne ammetteva solo sei: i cinque organi di senso che spiegano l’aspetto materiale dei fenomeni, più una sesta coscienza, la mente (manas) che unifica le percezioni e formula giudizi sulla realtà esterna: essa rappresenta il lato spirituale posto alla base delle prime cinque coscienze. Secondo la scuola Yogachara, invece, ne esistono altre due. La settima e quella più vicina al significato del termine italiano coscienza. E’ il livello della nostra identità, in parte conscia , in parte inconscia. E’ a questo livello che si formano i giudizi sulla realtà interna, quindi il senso morale, il sentimento religioso, il pensiero filosofico e infine la consapevolezza dell’io, consapevolezza illusoria, perché l’io in realtà non è che un aggregato precario di cinque componenti pronte a dissolversi (morte).
Questa illusione e prodotta dal contatto con l’ottava coscienza, l’enorme voragine mai colma dell’inconscio, che costituisce il sostrato che sorregge e influenza le prime sette coscienze . Poiché la sua influenza è determinante soprattutto per la settima, questa è anche chiamata mente contaminata (klistamanas) . La mente contaminante invece viene chiamata da Vasbandu coscienza magazzino, deposito (alaya) . E’ qui che si accumulano, vita dopo vita, i semi karmici che , una volta “profumati” dalle cause esterne, maturano in effetti positivi o negativi. Nulla viene perso dei pensieri, delle parole e delle azioni; la coscienza alaya è talmente vasta da contenere tutto il karma dall’infinito passato. Mentre le prime sette si dissolvono al momento della morte, nell’ottava coscienza (per questo motivo non ricordiamo le vite precedenti), quest’ultima con tutto il suo bagaglio integro di semi karmici sopravvive immutata nella dimensione di latenza. Al momento determinato dal karma immutabile, questa coscienza riproduce le altre sette e si riforma una nuova identità.
Questa concezione è la risposta agli induisti che ritenevano che l’idea di karma implicasse automaticamente l’esistenza di un’anima immortale. Infatti l’ottava coscienza non va confusa con l’anima della tradizione induista o platonico-cristiana. Se non subisce cambiamenti durante il periodo della latenza fra la vita e la morte e la successiva rinascita, è solo perché le azioni possono essere compiute solo dalle prime sette coscienze, una volta che si sono manifestate nella realtà fenomenica. Dopo la nascita la coscienza alaya riprende a produrre e a subire il karma cambiando continuamente, come “un torrente in piena” , afferma Vasbandu.
In questa prospettiva, che cosa significa disfarsi del karma negativo e accumulare karma positivo? Secondo Vasbandu significa svuotare a poco a poco questo magazzino, cioè ripulire l’ottava coscienza in modo che non contamini le altre. Quando un uomo diventa Budda, la luce dell’illuminazione purifica completamente la coscienza alaya, eliminando qualsiasi traccia di karma negativo; in un certo senso la svuota. E’ questo vuoto è il nirvana.
Invece secondo il missionario indiano Paramartha (499 -569), fondatore della scuola Shoron, oltre la ottava coscienza ne esiste una nona perennemente pura e immacolata (amala) . Questa concezione venne accettata anche dalle sette Hosso e Kengon e da T’ien-t’ai . In questa prospettiva la nona coscienza non può essere contaminata dal karma perché coincide con la natura di Budda che è il vero fondamento della vita . Se le sette prime coscienze sono la superficie dell’oceano spesso sconvolto da violente bufere (emozioni e pensieri d’ognuno?) e l’ottava (inconscio collettivo?) è paragonabile alle forti correnti sottomarine, allora la nona (Sé?) e il fondale perennemente calmo che sostiene le altre coscienze.
E da questa coscienza più profonda che parte la luce dell’illuminazione che rischiara il deposito del karma e le altre sette coscienze non più oscurate. Se questa luce non emerge, e perché l’ottava coscienza in quel momento costituisce un velo troppo spesso per essere perforato. In ogni caso, oltre tutto il karma accumulato, anche in quello più negativo, brilla inesauribile la luce della Buddità . Potremmo definire la nona coscienza nei termini di jo raku ga jo . Jo significa immutabilità eterna (della vita) . Raku significa godimento, felicità assoluta, che scaturisce dalla profondità della vita . Ga significa io (cioè vero io, vera natura della vita. Jo significa genuinità, purezza (dal karma) , ritorno alla natura originaria della vita. Corrispondono pertanto alle virtù rappresentate dalle quattro guide dei Bodhisattva della Terra a cui Shakyamuni ha affidato la Vera Legge da propagare nell’epoca di Mappo (questa) , far brillare la Buddità nei cuori delle persone e trasformare il mondo di sopportazione nella pura terra del Budda. Ma questa concezione va oltre l’ambiente e la cultura indiana e indica il bisogno di dare concretezza, di definire in termini più precisi la realtà ultima dell’universo.